Più di una volta quando descrivo quello che faccio – è accaduto anche di recente, sotto queste feste – mi è capitato di sentirmi dire: “che bello, sarebbe piaciuto anche a me, potere avere risolto tutto..” o cose simili. Come se essere counselor o psicologo o psicoterapeuta o quant’altro ti tirasse fuori dalle sfide della vita … Santi Numi, no!
Per prima cosa chi è abituato a guardarsi dentro sa che non si finisce mai di “risolvere”, di crescere, di scoprire, di imparare, di arricchirsi. Ed è il bello di questo viaggio, almeno per me.
Inoltre il lavoro su se stessi, l’acquisizione di strumenti di indagine interiore e di conoscenza di sé non portano a risolvere tutto, quanto piuttosto a saper sempre meglio gestire il tutto. “Non possiamo dirigere il vento”, come dice il buon vecchio Seneca, “ma possiamo orientare le vele”, ecco, sì, orientare le vele e imparare a farlo sempre meglio, per restare a galla, anche se sopraggiunge qualche tempesta.
Siamo anime complesse, fatte di tante parti, immerse in una realtà altrettanto complessa e spesso misteriosa, composta di numerosi livelli che si intersecano, da quello individuale, a quello familiare, presente e passato, da quello storico a quello culturale, da quello conscio a quello inconscio, da quello spirituale a quello materiale e così via. Danzando con questa realtà, co-creiamo la nostra realtà e la danza non sempre è un lento, il nostro vascello può dover affrontare marosi più o meno inaspettati, tutti noi bene lo sappiamo.
Dunque nessuno è esonerato dal dover affrontare difficoltà, poi è certo che, avere assimilato tecniche di approfondimento della conoscenza di sé e di miglioramento della relazione con sé, porta molti vantaggi. Avere idea, ad esempio, del sentiero da percorrere per trasformare il problema in un’occasione di crescita, per mantenere equilibrio e stabilità interiori o recuperarli in tempi brevi se si sono perduti, capire come non alimentare i conflitti, come prevenirli o passarci attraverso con meno dolore, come relazionarsi con la propria parte sofferente senza farsene allagare, come riconoscere i propri errori senza sentirsi sbagliati o come dare il giusto peso al giudizio altrui, dato che ci sarà sempre qualcuno a cui non piacciamo, pronto a lanciarci i suoi strali velenosi.
Sostanzialmente è questo che fa la differenza, questo che possiamo trasmettere. Ma questo è viaggiare equipaggiati, non essere arrivati. Sono modalità vantaggiose di agire e reagire al lato ostico del vivere e che quasi sempre non cambiano le cose in sé, ma l’atteggiamento davanti alle cose, quel conflitto magari è sempre lì, non lo hai risolto, forse non si risolverà mai, ma lo hai capito, inquadrato, collocato e non tocca più la tua serenità. Poi sì, spesso e per fortuna ci sono anche risoluzioni, ma per dirla con le parole in aforisma di un altro famoso sapiente: “la vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a danzare sotto la pioggia.” (Gandhi)
Danzare sotto la pioggia, proprio così. E aggiungo cantare. Cantare sotto la pioggia.
I’m singing in the rain